Gli esperti che abbiamo ospitato

  

Joke Elbers, critica teatrale di Amsterdam (NL), esperta di teatro e reporter di festival di Teatreducazione in giro per il mondo, dopo l’ esperienza dell’anno scorso è ritornata al Gerione, una Rassegna che, secondo la critica olandese, ha le basi per divenire una grande manifestazione a livello internazionale.

 

 

Giacomo Verde, docente dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, padre del Teleracconto, che quest’anno, prendendo spunto dalla tematica di questa edizione - Basta un click? Comunicare oggi a 360° -  ha proposto, ai ragazzi del Gerione (giurie, istituti campagnesi e scolaresche ospitate in Rassegna), un laboratorio sulle potenzialità che ognuno di noi ha con un mezzo tecnologico, dal titolo “Siamo tutti Super Eroi”.

 

Padre Tadeusz Lewicki, docente dell'Università Pontificia dei Salesiani di Roma, formatore e grande amico del Gerione.

 

Jolanta Vilkeviciute, docente presso l'Università di Vilnius (LT) dal 18 al 25 Novembre a Campagna per conoscere il territorio, le istituzioni, le attività di Teatro dei Dioscuri e progettare iniziative comuni future.

Campagna e il Castello Gerione

La prima notizia ufficiale che si ha del castello Gerione risale al 1056 in un «istrumento» dell’Abbazia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni. Fu edificato da Gisulfo II per difendersi dai normanni Umfredo e Guglielmo d’Altavilla, proprio ai tempi di Guaimario IV, al tempo principe di Salerno. Sarebbero pure stati ospiti al suo interno il Conte Riccardo (1082), imparentato con i principi longobardi di Salerno, o il visconte Sico (1095).

Ruderi

Successivamente nel periodo svevo e angioino il castello venne utilizzato per scopi prettamente militari. Fu alle dirette dipendenze dell’imperatore Federico II almeno sin dal 1231. Dopo la morte di Federico II (1250), durante la minorità di Corradino, il «castrum Campanie» venne donato da papa Innocenzo IV a Filippo di Acerno. Con l’avvento degli angioini il castello di Campagna venne inserito tra le principali fortificazioni dal punto di vista militare nella linea di difesa intorno a Salerno. Vari nobili, in genere cavalieri giunti al seguito di Carlo I d'Angiò, si avvicendarono nel suo possesso. Alcuni castellani del castello nel periodo angioino ci sono noti attraverso i registri della cancelleria: tra il 1269 e il 1271 vi troviamo Roberto Beloulieu e il suo successore Stephano de Basiniaco; dall’8 luglio 1271 al 1 agosto 1274 Petrus Corberius, che il 3 settembre 1274 fu nominato Provisor del Principato da Carlo I. e divenne castellano del castello per tre anni di seguito. Fino ad allora i castellani restavano in carica al massimo un anno, oppure nella durata dello stesso si cambiavano frequentemente; ciò a testimonianza dell’importanza che doveva avere il castello. Le ultime notizie relative al castello risalgono al XVI secolo, quando fu ceduto dal nobile feudatario Ferdinando Orsini alla Collegiata della Cattedrale di Santa Maria della Pace di Campagna. Il castello è posto all’interno della gola circondata da montagne, le quali permettono una difesa naturale contro i nemici. 

 

Per controllare le poche vie di accesso alla vallata fu dunque posto sulla piccola collina del Girolo, la cui elevazione è di 440 metri sul livello del mare, situata al centro della gola; da questa posizione si poteva controllare dall’alto tutta la gola del paese e dei territori limitrofi, che da nessun altro luogo della valle si potrebbero vedere. E’ dunque una posizione strategica contro i nemici e forse, visto il posto dove fu eretto, il castello prende il nome Gerione. Inoltre salendo dalla collina del Girolo si presente già una difesa murale che collegava il casale di San Bartolomeo alla fortezza. Si tratta di un lungo muro, conservato solo per alcuni tratti, che doveva separare, il ripido versante occidentale dell’altura da quello orientale, inaccessibile perché a strapiombo. Arrivati sulla sommità della collina si accedeva al maniero attraverso una porta affiancata da due torri che permettevano l’ingresso in un primo cortile a pianta irregolare, forse una piazza d’armi. Attraverso una seconda porta e una rampa esterna si accede ad un secondo cortile con quota più elevata all’interno del quale vi era la scuderia. Questo secondo cortile è difeso da una torre a pianta quadrata inserita all’interno del cinto delle mura; lungo le mura si aprono regolarmente piccole feritoie per permettere la difesa di un eventuale attacco. Per accedere alla vera e propria roccaforte bisognava prima superare il fossato, grazie a un ponte levatoio di legno incastrato in un muro possente, e poi oltrepassare una porta che permette l’ingresso all’interno. Alcuni resti del complesso architettonico sono volte a crociera e a botte. Al castello fu poi affiancata una croce di ferro dai padri missionari intorno agli anni sessanta.

 

Il mito

Fratello di Echidna, figlio di Poseidone (o, secondo altri mitografi di Crisaore) e di Calliroe, dunque discendente di Medusa. Era un mostruoso e crudelissimo re che viveva nell'isola di Eritrea, nelle nebbie dell'estremo Occidente oltre lo sconfinato mare, che i mitografi hanno identificato con la Spagna. Possedeva mandrie di buoi sorvegliate dal pastore Eurizione e dal cane Ortro. Per ordine di Euristeo, Eracle (o Ercole) doveva rapire al Gigante i suoi buoi, ma dovette scontrarsi prima con il cane e poi con il pastore, avendo la meglio di entrambi. Accorse lo stesso Gerione a difendere i suoi servi, ma fu anche lui sconfitto e ucciso con la clava. Eracle poté quindi fare ritorno in Grecia con le mandrie, affrontando tuttavia infinite avventure lungo la strada.

 

La figura

La figura di Gerione  non ha una sola immagine, ma tuttavia la maggior parte delle volte è identificato come un gigante dal triplo corpo, e dunque con tre teste, tre busti, sei braccia e sei gambe.

 

Citazioni

Sono varie le citazioni di Gerione nella mitologia o anche nei componimenti di letteratura. Il primo poeta fu Esiodo, vissuto nel VII secolo a.C., nella Teogonia. A seguito di questa primo componimento del tutto orale, poi trascritto, del quale non ci restano altro che piccoli frammenti dai quali non si può capire il contesto, ha avuto seguito una sorta di fenomeno che molti chiamano Gerioneide. Partecipanti a questo tipo di “movimento letterale” vi furono anche Stesicoro di Imera, vissuto nel VI secolo a.C.: «[…] Insieme ad Eracle io ti lodo, Gerione: ma ciò che a Zeus non è caro io taccio assolutamente […]» (Bowra, frammento 70); «[…] la legge di tutto sovrana (νόμοσ βασιλεύσ - legge veneranda),  dei mortali e degli immortali, guida facendola giusta l’azione più violenta con mano suprema. Lo attesto con gli atti di Eracle: poiché di Gerione le mandrie alla dimora ciclopica di Euristeo non richieste né comprate condusse […]» (Bowra, frammento 150); «[…] con aspetto di ladrone, che si aggira da solo con la clava, la pelle del leone nemeo (= Nemea) e l’arco […]»(Bowra frammento 229); «[…] Il dardo che. nella punta  aveva il destino di morte, intriso nel sangue…e nella bile, per i dolori dell’idra che gli uomini uccide, dal collo screziato. In silenzio, furtivamente nella fronte si conficcò: e lacerò la carne e le ossa per volere di un dio. In cima alle teste rimasse infisso il dardo, e di sangue purpureo contaminava la corazza e le membra insanguinate. Reclinò Gerione il collo di lato, come a volte un papavero, quando, deturpando il corpo tenero, lascia cadere i petali […]». Altro scrittore che raccontò di questo mostro si crede sia stato Pisandro di Rodi nel 600 a.C. nella decima fatica di Ercole, raccolta insieme alle altre nell’Eracleia.In seguito lo citò Virgilio nell’Eneide (componimento scritto fra 29 a.C. e il 19 a.C.) senza nominarlo, ma alludendo soltanto alle sue forme «[…] forme tricorporis umbrae […]» (Eneide, libro sesto, verso 289) e «[…] tergeminus Geryon […]» (Eneide, libro ottavo, verso 202). Dopo di lui a parlarne fu Ovidio nelle sue Heroides, componimento di cui non abbiamo una data certa di scrittura che associamo dunque alla vita del poeta fra il 43 a.C. e il 20 d.C.: «[…] prodigium triplex, armenti dives Hiberi Geryones, in tribus unus […]» (“né il triplice mostro, Gerione, ricco dei buoi iberici, un solo essere in tre corpi”; nono libro, versi novantuno e novantadue). Nello stesso periodo anche Orazio lo nomina in una delle sue odi composte fra 23 a.C. e il 13 a.C.: «[…] ter amplum Geryonen […]» (“che il triplice Gerione”; libro secondo, verso 14). Infine altro poeta che citò il gigante fu Boccaccio nella sua opera Genealogiae deorum gentilium composta nel 1365: «[…] Eam scilicet iusti hominis habere faciem, corpus reliquum serpentinum variis distinctum maculis atque coloribus, et eius caudam terminari in scorpionis aculeum, eamque Cociti innare undis adeo ut illis excepta facie totum contegat horridum corpus, eamque Gerionem cognominat. […]et inde Gerion dicta, quia regnans apud Baleares insulas Gerion miti vultu, blandisque verbis et omni comitate consueverit hospites suscipere, et demum sub hac benignitate sopitos occidere. […]» (libro primo, capitolo 21).

 

Il Gerione di Dante Alighieri

Nella sua grande opera, La  Divina Commedia, Dante nel diciassettesimo canto dell’Inferno incontra il mostro, chiamato da Virgilio, che lo aiuterà a continuare il suo viaggio mistico. Il poeta regala a Gerione una nuova immagine: non è più un gigante dal triplice corpo, ma un essere infernale dal corpo di una natura molteplice, inspirato da vari poeti come il maestro Brunetto Latini o Plinio il Giovane: uomo in volto,  leone nelle zampe artigliate, serpente nelle restanti parti del corpo (che ricorda Medusa, di cui è il nipote) e infine scorpione nella coda velenosissima coda biforcuta.  Il perché questa creatura fosse così terribilmente orribile è dovuta al fatto che Dante cercasse un mostro che incarnasse la frode. Lo stesso poeta prova ribrezzo a salirgli in groppa per scendere nel girone sottostante, ma tuttavia pur di farlo si aggrappa alle sue spalle. E’ al quanto importante ricordare che Gerione non possiede ali, ma viene sospeso in aria dall’aria che viene dal basso dell’Inferno. Lo stesso dante ce lo descrive (Canto 17, versi 7-17, 28-30):


[…] E quella sozza immagine di froda
Sen venne, ed arrivò la testa e ‘l busto,
ma ‘n su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era faccia di uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d'un serpente tutto l'altro fusto;
due branche avea pilose insin l'ascelle;
lo dosso e l'petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.
Con più color, sommesse e sovraposte
non fer mai drappi Tartari nè Turchi 
[…]
Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in su la venenosa forca
ch'a guisa di scorpion la punta armava. […]

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca

 

Regione Campania

 

Provincia di Salerno

 

Unione Italiana Libero Teatro

 

Unione Italiana Libero Teatro - Regione Campania

 

International Amateur Theatre Association

 

AGITA

 

UNICEF 

 

Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana

La Rassegna Internazionale di Teatro Educativo “Il Gerione” è sostenuta da un’Intesa di Programma sottoscritta da 6 Enti:

  • COMUNE DI CAMPAGNA
  • ASSOCIAZIONE CULTURALE "TEATRO DEI DIOSCURI"
  • ISTITUTO COMPRENSIVO "CAMPAGNA CAPOLUOGO"
  • ISTITUTO COMPRENSIVO "G. PALATUCCI"
  • ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE "T. CONFALONIERI"
  • PRO LOCO CITTA’ DI CAMPAGNA

 

La Rassegna, ideata dall’Associazione Teatro dei Dioscuri e fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale di Campagna, nasce come appuntamento annuale, nel quale sono presentati spettacoli prodotti dalla Scuola e da altre Agenzie che perseguono finalità di teatro educativo; sono inoltre realizzati numerosi momenti di confronto e di scambio culturale sulle problematiche del Teatro Educativo.

 

“Il Gerione” ha due grossi obiettivi:

  • affermare i principi del Teatro Educativo, con una serie di attività (spettacoli, dibattiti con giurie di alunni, laboratori, corsi di formazione);
  • diventare uno dei Grandi Eventi del Comune di Campagna e del territorio, per il rilancio dell’immagine culturale, artistica e turistica a livello nazionale e internazionale.

 

Si articola in una serie di attività:

  • rappresentazione e visione di spettacoli realizzati da scuole e laboratori extrascolastici;
  • partecipazione attiva ai laboratori teatrali da parte di operatori, docenti e ragazzi;
  • partecipazione a convegni, seminari e momenti di discussione sul Teatro Educativo;
  • visite guidate (storiche, antropologiche, ambientali ed enogastronomiche) sul territorio.

 

Possono partecipare alla Rassegna: 

  • le scuole di ogni ordine e grado, che presentano spettacoli messi in scena da alunni ed insegnanti, con l’eventuale collaborazione di operatori teatrali;
  • laboratori extrascolastici che perseguono finalità di teatro educativo, con la presenza all’interno dello spettacolo di massimo 2 operatori adulti.

I partecipanti sono tenuti alla presenza per almeno 2 giorni sul territorio ed alla partecipazione alle diverse attività.

Ogni anno è previsto un tema. Gli spettacoli devono essere realizzati nel corso dell’anno scolastico e non devono superare la durata dei 45’.


La Rassegna prevede i seguenti riconoscimenti, attribuiti da giurie formate da alunni, docenti ed operatori delle scuole dei vari ordini e gradi del Comune di Campagna e dei Comuni del territorio provinciale:

  • Premio “Gerione” per la fascia età Scuola Primaria;
  • Premio “Gerione” per la fascia età Scuola Secondaria di 1° Grado;
  • Premio “Gerione” per la fascia età Scuola Secondaria di 2° Grado;
  • Premio “Gerione” – Sezione Speciale per gli spettacoli prodotti nel Comune di Campagna;
  • Premio “Gerione” – Sezione Speciale in Lingua straniera (Inglese, Francese, Spagnolo, Tedesco); i testi possono essere anche parzialmente in italiano, purché la lingua straniera sia prevalente;
  • Premio “Biglietto di ritorno”, assegnato da insegnanti ed operatori di Teatro dei Dioscuri, che consente ai vincitori di essere ammessi senza selezione alla 16ª Rassegna;
  • Premio “Unicef”, assegnato dal Comitato della Rassegna allo spettacolo che, mantenendosi in linea con la tematica dell’anno, tratta in particolare i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
  • altre Segnalazioni Speciali (sarà prestata particolare attenzione ai testi autoprodotti ed all’utilizzo dei diversi linguaggi teatrali nello spettacolo).

 

Partecipazioni internazionali

  • Teatro KOD (Debno – Polonia 2009);
  • Compagnia Zpatéčnici (Praga – Repubblica Ceca 2013 – 2016);
  • Associazione Percuseve (Alhama De Murcia – Spagna 2015);
  • Kuk Klub Umeleckych Katastrof (Praga – Repubblica Ceca), Teatra Studija “Joriks” (Rezekne – Lettonia), Plunges Kulturos Centro Vaiku ir jaunimo Teatras Saula (Plunge – Lituania) (Erasmus Plus 2017);
  • Teatra Studija “Joriks” (Rezekne – Lettonia), Kuk Klub Umeleckych Katastrof (Praga – Repubblica Ceca), Theater 11 (Brema – Germania), Symfonia Mlodosci (Stettino – Polonia) (Erasmus Plus 2018);
  • Liceo Scientifico “E. Fermi” (Madrid – Spagna 2018).

Rassegna Internazionale di Teatro Educativo

"il Gerione"

 

 

XIX Edizione: SU BARCHE DIVERSE SOLCHIAMO LO STESSO MARE

16 - 25 MAGGIO 2024

 

PUBBLICATO IL BANDO DI PARTECIPAZIONE PER L'EDIZIONE 2024

SCADENZA PER LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE: 10 APRILE 2024

REGOLAMENTO E MODULI SONO DISPONIBILI NELLA SEZIONE DOWNLOAD

INTERNATIONAL PARTICIPANTS ARE WELCOME! IN ORDER TO PARTECIPATE, PLEASE SUBMIT THE APPLICATION FORM

ENGLISH INFO ABOUT THE XIX EDITION

ENGLISH INFO ABOUT CAMPAGNA

 

 

Internet, e i social network in particolare, sono strumenti straordinari di libertà, di informazione e socializzazione, di crescita personale e culturale.

Tutti sanno cosa sono i social, perché tutti, o quasi tutti, ne usano almeno uno (ne sono stati censiti in tutto il mondo almeno 30 diversi). 

I social costruiscono reti sociali online; su di essi gli utenti sono sia creatori di contenuti, sia fruitori.

Grazie ad essi molte persone che sono geograficamente lontane riescono a sentirsi più vicine. Un messaggio, uno slogan, una campagna di sensibilizzazione o la richiesta di un aiuto possono diventare virali in pochi minuti, cioè essere noti a un numero elevatissimo di persone.

Su queste “reti sociali” non ci sono solo i più giovani (i “nativi digitali”), ma anche le nonne e i nonni (che hanno dovuto imparare l’uso di strumenti del tutto nuovi, per i quali spesso chiedono aiuto proprio ai ragazzi).

La pandemia ha incentivato l'utilizzo dei social in modo eccessivo, al punto da far perdere il senso della distinzione tra realtà effettiva e mondo virtuale.

La nostra vita digitale è diventata consistente come la nostra vita reale; inoltre, ora stiamo finalmente tornando alla normalità, o meglio ad una nuova normalità, in cui possiamo apprezzare le opportunità permesse dalla vita digitale: spesa, cultura, meeting, seminari e lezioni online… e difficilmente torneremo indietro.

 

Le nuove forme di comunicazione hanno però prodotto una pluralità di impatti sui comportamenti e sugli atteggiamenti, incidendo anche sui fenomeni della devianza e della criminalità, favorendo l'insorgenza di nuove forme di violenza, soprattutto negli adolescenti.

Da cosa o da chi dipendono gli effetti perversi e devianti? Dai mezzi di comunicazione o dai loro fruitori? Sullo sfondo, prevale un tema, quello di una nuova generazione iperconnessa, la generazione sempre connessa.

Nella nostra società succede che i social si sostituiscano completamente o quasi alle relazioni reali, al contatto umano, che sviluppino una vita virtuale parallela o addirittura sostitutiva di quella reale.

Inoltre, è come se i social accorciassero non solo le distanze geografiche, ma anche quelle temporali. Di fatto modificano o deformano, contraggono uno degli elementi basilari di ogni relazione interpersonale: il tempo. 

Si crea una sorta di dipendenza che costringe molti a restare letteralmente incollati ai computer o agli smartphone. Nasce il bisogno di essere connessi 24 ore su 24, per sentirsi in vita.

La conseguenza si riflette proprio nella vita reale e nella difficoltà di avere rapporti sani, amicizie o relazioni affettive “disconnesse” da Facebook o dagli altri social.

E così accade che si trascorre un pomeriggio intero a chattare con un compagno di classe, ma poi il giorno dopo in classe a malapena lo si saluta. O ancora: ci si crede potenti perché si offende in chat, ma non si è capaci di affrontare in maniera matura una discussione.

Si fatica a tenere un discorso perché si controlla di continuo il cellulare; la soglia dell’attenzione è molto bassa; invece delle parole si usano le emoticon per chattare su WhatsApp e Instagram.

E nel frattempo è comparsa la “Generazione Alpha”, i bambini nati dopo il 2010, che vengono al mondo con la tecnologia touchscreen in casa e per questo sono stati denominati “screenager”.  

Varie sono le devianze causate dall’eccessivo uso e dall’assuefazione ai social: cyberbullismo, con una delle sfaccettature più recenti, il flaming (pubblicazione di post e messaggi offensivi), cyberstalking, FOMO (paura di restare esclusi, con conseguente uso frequente ed eccessivo di social e messaggi), Hikikomori, (chiusura nel proprio mondo tecnologico, senza contatti con l’esterno se non quello della rete, del computer e dei device).

Tutti i social danno la possibilità di inserire e condividere foto personali e qualsiasi attimo della propria vita, esternandoli indifferentemente anche a persone che non si conoscono.

Ma bisogna davvero pubblicare e condividere qualsiasi cosa? Ci sono momenti che forse è meglio tenere per sé? 

Molti adolescenti dichiarano di essersi incontrati almeno una volta con persone conosciute online e di aver mandato fotografie a persone conosciute in chat.

Altro aspetto controverso è l’uso o meno del telefonino nelle scuole.

Tra i giovani vi è la tendenza di filmare con i telefonini in classe scene di scuola quotidiana e poi metterle on line sui social. Molto spesso gli adolescenti affermano che dietro a tale azione vi è semplicemente una goliardia: essi non prestano attenzione alle conseguenze sulle persone videoriprese perché credono che le immagini siano esclusivamente dirette al mondo autoreferenziale delle amicizie, senza rendersi conto che invece mettere on line un filmato significa renderlo pubblico e diffonderlo a livello mondiale.

Un aspetto che accomuna gli ambienti virtuali è la mancanza di garanzie sull'identità degli individui interagenti: è infatti diffuso, all'interno delle comunità virtuali, il cosiddetto fenomeno del fake, ovvero la simulazione di un'identità fittizia, che può prevedere il cambiamento di genere, di età, e così via. In questo caso, il soggetto dà di sé un'immagine più stereotipata per dare maggiore credibilità e coerenza all'immagine che desidera creare.

 

"Sono uno nessuno e centomila, ma sono sempre io, finzioni o molteplicità di me”.

Portiamo con noi da sempre le dinamiche conflittuali dell'identità/molteplicità, nascondimento/rivelazione che fin dall'antichità hanno trovato espressione in immagini, simboli, caratteri. 

La maschera, innanzitutto: “Persona” è infatti il nome latino della maschera che gli attori, prima in Grecia e poi a Roma, indossavano per caratterizzare il loro ruolo. 

Alla ricerca di rapporti che ci attraggono e ci fanno paura, alle prese con una solitudine che ricerchiamo e coltiviamo, cerchiamo nuovi spazi di socialità e intimità nei social, anzi è la tecnologia stessa a proporsi come architetto delle nostre intimità.

La "maschera della vergogna", come protezione dell'essere più intimo e dei più intimi valori e scopi, è un tratto di carattere che si oppone all'esposizione, dunque al mostrarsi. 

Tale funzione di mediazione tra interiorità ed esteriorità nasce dunque come difesa dell'io e non è necessariamente patologica fintanto che rimane un aspetto del sé. 

I social, in quanto tecnologie rivolte all'esterno, fanno appello al falso sé; non è certo un problema che nelle relazioni online noi abbiamo un falso sé; sui social, così come in qualsiasi altra occasione pubblica, tali funzioni dell'io vengono attivate appunto per proteggere gli aspetti più delicati e sensibili della nostra soggettività. Il problema è piuttosto che i social possono incoraggiarci ad enfatizzare questi aspetti della nostra psiche a scapito di altri, al punto che lo stesso individuo percepisca il proprio falso sé come reale, identificando la maschera con l'intero sé e perdendo ogni relazione con il vero sé, che è quello originario e veramente creativo.

 

In questo contesto in continua evoluzione e dalle mille sfaccettature si avverte con sempre maggiore urgenza la necessità di rigenerare il rapporto tra il ragazzo/adolescente e l’adulto, ma anche il mondo esterno. 

L’ adolescente di oggi, anche se vive gli stessi sentimenti che provavamo noi adulti alla sua età, si esprime in maniera diversa e secondo un “codice” che va ascoltato e appreso, e non demonizzato, per poter entrare in comunicazione con lui.

Questa possibilità di solidarietà e dialogo tra generazioni richiede da un lato che gli adulti siano credibili e non siano, né appaiano, addirittura, più confusi e sconcertati dei ragazzi; dall’altro che i rapporti affettivi e di fiducia tra gli adolescenti e i loro educatori (genitori, insegnanti, operatori delle organizzazioni del tempo libero) siano reali e validi, testimonino responsabilità e coerenza con i loro stessi comportamenti, secondo la pedagogia dell’esempio, che favorisce l’ imitazione del comportamento.

Da alcuni anni a questa parte, l’uso intensivo e distorto di internet, le nuove tecnologie e il loro “prevaricare” nel quotidiano e di conseguenza l’aumento delle relazioni virtuali ha modificato in maniera esponenziale il modo in cui i ragazzi e gli adolescenti costruiscono la propria identità ed è evidente che agli adulti vengono richieste nuove abilità per prendersi cura di loro.

Non solo i genitori sono chiamati in causa ma anche gli insegnanti si trovano a dover affrontare nuove esigenze e trovare nuove modalità anche durante le lezioni e nella quotidianità.  

Oltre a porsi la domanda su quanto i ragazzi siano in grado di instaurare un rapporto autentico con gli altri e quanto si sentano sicuri di esprimere se stessi senza ricorrere a identità alternative, l’intervento pedagogico deve in primis focalizzarsi sull’intenzionalità, ovvero cosa spinge il ragazzo a creare un sé ideale e quali vantaggi ne ricava?

L’adulto deve sostenere l’incremento delle interazioni offline, mitigare l’uso eccessivo del digitale, concordando delle regole e degli orari per il suo utilizzo, nell’ottica che il virtuale è complementare, e non alternativo o antitetico, al reale; educare agli strumenti digitali, allo stesso modo in cui si fa educazione stradale.

 

Il teatro, come finzione vera, e non falsa, della realtà, è proprio lo strumento più adatto a far vivere concretamente e in prima persona gli aspetti che abbiamo trattato, senza moralismi o preconcetti, alla ricerca di soluzioni possibili da poter condividere tra le diverse generazioni.

La convenzione teatrale mette in condizione il ragazzo/attore di interpretare un altro se stesso (il personaggio), consapevolmente, e di tornare alla propria identità, sempre consapevolmente, vivendo un’alternanza che può essere di notevole aiuto al suo quotidiano.

Crescere a mezz’aria tra reale e virtuale! La Rassegna “IL GERIONE” anche quest’anno cercherà di offrire il proprio contributo, attraverso gli spettacoli che le scuole e le associazioni nazionali ed internazionali proporranno.